Quando mia figlia andava alla scuola materna, un giorno vidi due bambini che si contendevano un gioco, o meglio, quello che lo stava utilizzando non voleva cederlo al compagno.
Mi venne naturale intervenire nella disputa e dissi: vedi Andrea di queste bici, qui, alla scuola materna ne avete soltanto tre, ma dovete poterci giocare tutti – tu ci hai giocato fino ad adesso, ora lasciaci giocare il tuo compagno, più tardi potrai prenderla di nuovo”.
Il bambino mi stette ad ascoltare, in silenzio e con molta attenzione. Quando ebbi finito la spiegazione, lasciò che passasse qualche secondo, (e forse questa è la cosa che mi è rimasta più impressa) come se anche lui cercasse le parole per argomentare le sue ragioni e poi mi disse:
“si”, con il tono di chi vuol dire – hai perfettamente ragione – di nuovo una pausa – per concludere: “MA IO LO VOGLIO”.
Non l’ho più dimenticato!
Ecco cosa è la volontà, qualcosa che non si può spiegare, che non sente ragioni, è un desiderio, una forza profonda, antica.
La volontà della natura e quella della storia, del cammino dell’uomo, si lo so, stanno dentro ad ogni vino degno di questo nome, ma è bevendo questo in particolare, che ho pensato al suo primato.
Perché quando di un vitigno se ne perde consapevolezza, resta in un territorio a lungo, ci si dimentica i di lui, del suo percorso, si confonde con gli altri fino a perdere l’identità.
Perché quando assaggi il suo vino senti una presenza fisica, in bocca resiste, non vuole farti pensare, solo sentire.
Eccolo in questo e quell’altro bicchiere due versioni, che si donano con diverso impulso, ma uguale energia.
Aperti ieri sera ne è restato un poco ciascuno, per riassaggiarli oggi, più vivi che mai.
Sarebbe bene berlo senza sapere chi è, perché solo berlo basterebbe, ma sarà inevitabile una volta avuta in mano la bottiglia, voler conoscerlo meglio.