L’ho assaggiato già diverse volte, e anche se credo di ricordarlo mi sorprende.
E’ un vino per chi sa aspettare, si svela un po’ alla volta e allo stesso tempo ti cattura subito, è l’espressione di chi ha cercato fino in fondo le possibilità di un vitigno, e possiamo dirlo con convinzione, considerando che questo vino è un trebbiano toscano in purezza.
Vero è che ultimamente si stanno facendo diversi esperimenti di vinificazione sul trebbiano, un’uva molto diffusa dalle nostre parti direi l’uva bianca più coltivata nella tradizione contadina pisana ma che, a memoria mia non dava risultati di grande piacevolezza.
Ha il colore dell’estate:
profumi tenui di frutta matura e appena essiccata: esotica, albicocca, fico verde, miele; rosa bianca, sapore guizzante, secco, salino, persistente.
So di non rendergli giustizia, perché il vino, non sempre si apprezza meglio scindendo le diverse sensazioni, è un vino tutto d’un pezzo, ricco, deciso e delicato.
Il segreto è la pazienza, pazienza di aspettare che le bucce trasmettano tutto il possibile al liquido, ci vuole un anno intero e l’anfora di terracotta crea le condizioni perché tutto questo sia possibile.
Non date retta:
a chi ritiene che i bianchi macerati siano solo una moda, in certi casi valgono decisamente la pena, soprattutto nei casi di vini neutri (quelli che non hanno profumi varietali significativi) e il trebbiano ne è un grande esempio.
Quando si lavora bene i risultati sono entusiasmanti, per me nelle bucce c’è una specie di magia, un luogo e un tempo di confine,
il confine dell’origine del vino.